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| meritate tutti |

Di fallire, di fare la fame, di arrovellarvi tra i pensieri e le preoccupazioni.

Spoiler per chi rosica, “di rialzarvi” è la parola chiave di questo discorso.
E si, questo è un messaggio da una persona che al momento ha preso l’ennesimo rifiuto, e rivendica il diritto di trasformare quella rottura di palle in qualcosa di produttivo. Rivolto in modo particolare al mondo della musica italiana, ma è un giochino che funziona anche in altre cose.

È umiliante far musica in Italia.
È offensivo e di cattivo gusto.

Penso in ogni campo, chiunque si senta poco valorizzato, a prescindere se lo meriti o meno, nasconde ambizione. Che sia personale o altruistica poco conta, perché le batoste aiutano ad addrizzare il tiro. L’importante è che ci sia quel fuoco.

Questa non è una nazione di eccellenze, dato che il pensiero comune è mediocre. L’informazione è mediocre, la politica è mediocre, le uscite tra amici sono mediocri, le relazioni affettive sono mediocri, lo stare in famiglia è mediocre. È un posto confuso, dove i sacrifici degni di lode, e di consenso popolare, sono quelli di chi tira avanti nonostante tutto. Di chi continua a lottare da un lato e soffrire da un altro. Di chi si dimostra solidale verso chi è percepito svantaggiato ma non verso gli altri. Questo andava bene in tempi di guerra, ora non ha senso. Ed è discriminatorio. Non solo verso le categorie svantaggiate, ma verso tutta l’umanità. Indistinta.

Tutto ciò porta al collasso emotivo, e nei momenti di poca lucidità esce fuori il lato peggiore, delle situazioni e delle persone. La follia di rischiare si trasforma in ostinata arroganza.Un chiaro sintomo è la facilità di giudizio e frasi fuori luogo in ogni canale reale o virtuale. L’altruismo si trasforma nel suo esatto opposto, anche inconsciamente, quando bisogna difendere un interesse, e un’opinione, a qualunque costo. Per portare a casa la pagnotta, o solamente perché l’autostima propria e del team ha tratto beneficio da quell’azione altruistica.

E proteggere il proprio status senza tener conto del resto, non è egoismo?

Chi si autoproclama custode della musica e di tutte le arti ne sta ignorando il lato sovversivo, quello che ha spinto a scegliere questo percorso invece di un altro molto più palloso. Ed ora sei grande, ed è troppo tardi, e ci sono le bollette da pagare.

La musica è dall’alba dei tempi sovversiva, liberatoria, prima di essere un mestiere. Così come tutto ciò che comporta la creatività in qualche modo. Va bene essere professionali, diligenti e dare la sicurezza di essere estremamente affidabili. Ma se si è incapaci di reinventarsi in una situazione svantaggiosa, tutto quest’odio che mi arriva è solo per difendere uno status.

È egoistico, offensivo, umiliante, e di cattivo gusto.Offensivo verso chi si mette sempre in discussione, ha del talento, e si vede la strada invasa da cadaveri, se va bene. Da zombie, se è sfigato. O sfigata. Gli asterischi anche sono di pessimo gusto. E il talento puro è per sua natura sensibile, e non sempre riesce a reagire. Viene umiliato, chiuso all’angolo e pestato a sangue ogni volta che non vengono apprezzate le qualità e i sacrifici suoi e, magari, della famiglia.

E allora bisogna alzare la voce, perché il fastidio va sempre ricambiato. Per educazione. Questo, per esempio, non lo insegnano a scuola di musica. Dovrebbe essere la base dell’educazione, prima dell’alfabeto (le note, l’armonia, e il resto). Che senso ha insegnare agli allievi la puntualità e le scale, se poi non sapranno portare avanti un’opinione e quindi, sviluppare il loro talento? Ricordo la prima lezione di Music Business ad una nota accademia di musica di Bologna, che ricordo è città UNESCO della Musica ma ha smesso di essere tale da allora. Il prof entrò in aula e disse: “se siete qui perché sognate di riempire i palazzetti e fare le rockstar avete sbagliato di grosso”. È come dire a un cane che è sbagliato rincorrere i gatti. È la sua natura.

Che senso ha alimentare la svalutazione culturale promuovendo spettacoli tristissimi che a confronto Masha e l’Orso sembrano i Black Sabbath nel 1968? I locali sono tendenzialmente diventati un dopolavoro di bigotti che una volta inneggiavano a Satana ed ora ha capito che con matrimonio, mutuo, e contratto a tempo indeterminato si suona comunque e forse anche di più. Perché tanto non è più come una volta, e la musica è sempre stata la mia passione anche se poi non ce l’ho fatta.

Che senso ha aprire un’etichetta indipendente e rispondere “il sound che create non è esattamente ciò che stiamo cercando”? Cosa c’entra il sound? Avete letto i testi? Avete visto i video? Mi avete visto in faccia? Le foto, i post, e tutto il resto? Le mie idee? Non riesco a coinvolgere o non riesco a trovare un canale per alzare i numeri? Al di là di quello che voglio fare, hai visto cosa posso fare? E tu che invece sei nostalgico, apri comunque un’etichetta e pubblichi la buona musica degli amici. Sei capace poi valorizzarla? Perché io questo voglio, non me ne frega niente della famiglia.

Che poi sui social cade l’occhio su articoli un po’ bruttini. Scritti da chi pretende la pappa pronta e parla di progetti, che poi prendono solo roiti in crisi ormonale perché viaggiano di più, lasciando un sacco di monnezza in giro.

E la vita qui fuori è triste, e piena di monnezza.
D’appertutto, puzza tantissimo.
E costa, e non vale quello che costa.

È frustrante essere incapaci di reagire.
La musica è nata per accompagnare i riti sessuali molto tempo fa.
Non per imitare la voce, non è vero. È nata per sfogare energia sessuale, il bisogno che occupa buona parte delle nostre funzioni primarie sotto la corteccia del cervello. Non per lagnarsi, non per lavorare.

Soluzione? Una la vedo, ma è complessa: la morte dell’ego.
Servirebbe una nuova piattaforma per un altro modo di fare.
Siamo in un momento di transizione, arriverà.

Qualcosa di più concreto? Smettila con le forzature.
Se una cosa non va e non interessa, volta pagina e ricomincia.
Ribellati allo stato di miseria.
Ti apri un ristorante.
Vai a fare qualsiasi altro lavoro.
O inizi un nuovo percorso specializzante.
Il coraggio non manca.
I mezzi si trovano.

Perché la fame muove ogni cosa, e qui vedo solo fame di giustizia e di verità. Al di là delle possibilità, al di là della sicurezza.

Lo farò anch’io, sarei un’ipocrita.
Devo solo pubblicare altri due dischi e tre EP entro Natale.
Chi mi conosce sa che devo farlo.
Chi non mi conosce non sarà arrivato manco a leggere fin qui, e mi dispiace.Sono egoista, cattivo e scontroso.
Ero una persona intelligente e a posto, fino a qualche anno fa.
Poi tutto quest’odio ha fatto tanto male.
Ma voglio cambiare, non voglio riversarlo sugli altri.
Voglio metterlo in musica e trasformarlo.

Al momento che scrivo sento di essere totalmente solo, quasi per scelta/necessità. Sono chiuso da prima del lockdown a finire qualcosa che non porterà nessun beneficio se non quello di non avere rimpianti.
Qualche mese fa ho deciso di togliere dalla mia vita tutti e tutto quello che mi stringeva e mi causava malessere. Non è rimasto niente.
Ho lasciato la città per ritornare al mio paesino sperduto di origine per mettere un punto a questo strazio.
E non vedo l’ora di rialzarmi.
E andare altrove.

A tutti i lavoratori dello spettacolo: avete il diritto di rialzarvi anche voi.
La città si ricostruisce solo se ridotta in macerie.
Fate altro.